1996 Don Giuseppe Orticelli, Casa della Carità e Caritas, postfazione al libretto "Un Vescovo per tutti"
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- Categoria: ricordo e testimonianza
- Pubblicato Lunedì, 22 Febbraio 2021 10:27
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«BUSSATE E VI SARÀ APERTO»
La Casa della Carità e la Caritas
postfazione di don Giuseppe Orticelli al volumetto
IL VESCOVO DI TUTTI
Una breve annotazione sul Messale per la Messa del Giovedì Santo così si esprime: All'inizio della Liturgia eucaristica, si può disporre la processione dei fedeli che portano doni per i poveri.
Chi in quella sera era presente nella chiesa del Carmine - il Duomo purtroppo è chiuso! - ha potuto vedere che si presentava al Vescovo un vassoio su cui era posto un mazzo di chiavi, mentre il commentatore sottolineava: "Vengono presentate al Vescovo le chiavi della Casa della Carità, realizzata dalla Caritas Diocesana in favore dei poveri".
Questo gesto simbolico richiama apertamente quattro realtà: il rapporto del Vescovo con la carità; la Caritas, la Casa della Carità; il servizio ai poveri.
1. Il Vescovo è colui che nella Diocesi è il segno di Cristo "pastore", che guida il suo popolo con la sua Parola, che lo anima mediante la celebrazione dei divini misteri, che lo stimola ad essere presente a fianco di coloro che per varie ragioni vivono al margine della società. Non è perciò strana l'affermazione dell'antichità che vede nel Vescovo colui che presiede alla carità e al quale bisogna fare sempre riferimento dal momento che non ci può essere comunità cristiana senza l'esercizio della carità.
Non fa perciò meraviglia che anche il Vescovo Volta nella sua predicazione e nel suo insegnamento faccia continuo riferimento all'impegno caritativo dei cristiani: "Qualcuno arriva addirittura a farsi questa domanda: ma è possibile amare?... L'amore che dobbiamo portare agli altri ha una sorgente più profonda del cuore dell'uomo, attingendo al cuore stesso di Dio. E il suo termine, anche nell'uomo, è Dio stesso... Un Dio che ci viene incontro per vie, modalità e intensità diverse... Si tratta come di un unico cristallo, quello dell'amore di Dio, a tre facce: l'ascolto della Parola di Dio, la celebrazione del mistero cristiano e l'esercizio della carità".
È dunque, secondo il Vescovo, l'amore di Dio che dà senso al nostro impegno caritativo e poiché noi "diventiamo ciò che amiamo" (S. Agostino) "nelle nostre scelte d'amore giochiamo la nostra esistenza; non possiamo perciò lasciarci semplicemente vivere, dobbiamo vivere, dobbiamo scegliere".
È dunque forte l'appello a radicare sempre di più la vita dei cristiani nell'amore, cominciando a prendere coscienza che la prima esperienza è quella di essere amati da Dio e di essere chiamati a trasmettere agli altri quest'amore. La carità è dunque la dimensione completa, verticale e orizzontale, dell'amore.
2. Sulla strada che la comunità cristiana pavese percorre non ci sono solo viandanti indaffarati; è facile incontrarsi con l'uomo che non ce la fa a camminare da solo, con chi è piagato nel corpo e nello spirito, con l'avventuriero che ha lasciato la strada maestra per percorrere i sentieri che l'hanno condannato al fallimento. La Chiesa Pavese non può tirare diritto facendo finta di non accorgersene o adducendo la molteplicità degli impegni... La parabola evangelica del buon samaritano Gesù l'ha pronunciata anche per noi! Per accostarsi all'uomo piagato ed emarginato ecco la Caritas, che sorge col compito di aiutare i cristiani ad essere caritativi, ad accorgersi dei poveri, ad intervenire nel modo adeguato per fasciare ferite ed iniziare una cura.
La Caritas, dunque, non è una associazione di volontariato sociale: ce ne sono già tante e arrischierebbe di essere solamente un doppione. Non è neppure un'agenzia che distribuisce fondi ed aiuti a nome dei cristiani: la carità non si può delegare. Potremmo invece definirla come un ramo dell'impegno pastorale della Diocesi avente come primo scopo quello di promuovere una mentalità caritativa attraverso l'approccio diretto con l'emarginazione, dando corpo ad iniziative benefiche con valenza pedagogica, incoraggiando coloro che già operano nel sociale e facendo sorgere nuovi interventi. L’educazione, infatti, non si fa solo dando delle idee, perché non c'è solamente il passaggio dalle idee alle azioni, ma anche dalle azioni alle idee.
Nel campo giovanile bisogna investire molto: in quest'ottica va visto il cammino proposto ai ragazzi durante la Quaresima di Carità; sempre sotto questo profilo è da leggere la scelta fatta dalla Caritas di Pavia di promuovere tra i giovani l'obiezione di coscienza per impegnarli durante il servizio civile in un rapporto diretto con chi è portatore di bisogni: sarà l'ufficio per gli extracomunitari, sarà il centro d'ascolto, sarà l'assistenza ai malati di Aids o la cura prestata agli anziani nella Casa di Betania, sarà la Casa di accoglienza alla vita, sarà la Lega del Bene...
A volte la mentalità caritativa viene incrementata proponendo raccolte in caso di calamità, oppure dando corpo a micro-realizzazioni in favore dei poveri del terzo mondo; soprattutto però favorendo il sorgere in ogni parrocchia della Caritas parrocchiale, ben radicata sul territorio e maggiormente aperta alla concretezza.
Ma i fondi dove si prendono? La Caritas non dispone di capitali, non fa raccolte per la strada né bussando porta a porta, ma vive con le offerte spontanee che la gente consegna al proprio parroco o versa direttamente in ufficio: anche questo è un modo per far emergere la carità sommersa molto presente nella nostra Diocesi.
3. Quando il samaritano della parabola ha medicato e fasciato il malcapitato incontrato sulla strada, non lo ha lasciato lì, soddisfatto di aver fatto un'opera buona; lo ha portato alla locanda perché si rimettesse in forza e potesse riprendere autonomamente il suo servizio.
A Pavia ci sono già vari enti che praticano l'accoglienza, ma ne mancava uno di prima accoglienza che permettesse ai portatori di bisogni particolari una sosta in vista della ripresa del cammino. Ipotizziamo uno dei senza fissa dimora che viene ricoverato in ospedale magari per un'ernia; si pensi a chi lascia la clinica dove è stato curato dalla tubercolosi: dove passare la convalescenza?
Un problema grosso a Pavia è pure quello di dare ospitalità ai familiari dei trapiantati o dei bambini che devono avere il trapianto di midollo; spesso è gente poco abbiente che ha affrontato il viaggio della speranza con pochi mezzi...
Di queste povertà si è parlato nel Convegno Diocesano del 1990 e il Vescovo ne è rimasto profondamente colpito e da quel momento si è dato da fare per far sorgere la Casa della Carità. Ha individuato una struttura di proprietà della Diocesi (l'ex oratorio di S. Michele in via Pedotti); ha fatto progettare la ristrutturazione, ha dirottato verso questa impresa tutti i fondi possibili; ora siamo vicini al compimento!
4. Una comunità cristiana che vuol mettersi al servizio dei poveri non lo fa per mera filantropia, né si impegna nel settore per una questione di immagine o per giustificare alla società la sua presenza: c'è uno stile proprio nella carità del cristiano che si presenta con una doppia valenza. Il cristiano ama il prossimo perché vuol trasmettere agli altri l'amore di Cristo, perché vuol essere “segno” della presenza di Cristo nel mondo; nel contempo egli sa che amando incontra il Cristo nel fratello bisognoso. "Se noi viviamo nell'orizzonte stretto dell'immediatezza - scrive il Vescovo - daremo il nome di amore e di carità anche a molti gesti egoistici. Per scoprire l'oggetto e il senso dell'amore bisogna che noi sappiamo andare oltre l'immediatezza". È dunque l'orizzonte-Cristo quello che dà senso all'amore del cristiano.
Cristo ama gli uomini non perché sono buoni, ma per farli diventare buoni, perché "non hanno bisogno del medico i sani, ma i malati". Ne consegue che la carità cristiana deve essere esercitata con discernimento: non basta dare, ma bisogna dare con oculatezza.
Spesso, infatti, ci interessa di più il dare per sentirci gratificati, che non per aiutare il fratello: è sempre vera carità dare i soldi a chi chiede, fosse pure un alcolista o un tossicodipendente? è carità cristiana dare senza cercare un rapporto personale? è secondo lo spirito di Cristo dare solo a chi chiede senza cercare di scoprire le povertà nascoste che spesso sono le più vere?
La Caritas si propone di fare un servizio ai poveri secondo lo stile cristiano: vagliare i bisogni, dare aiuti ma non soldi, cercare un colloquio, visitare le famiglie che in difficoltà economica, rilevare e studiare le povertà emergenti... A volte ci accorgiamo che è vera carità anche il dire di no, per aiutare l'altro ad uscire dalla mentalità di dipendenza e dallo spirito di sfruttamento.
Tutto questo si può fare solamente se tutta la comunità cristiana si muove in questa direzione.
Scrive ancora il Vescovo: "Nessuno è in grado di far fronte da solo a tutte queste necessità. La Chiesa in forza della Parola che la riunisce e dello Spirito che la anima, fatta simile ad un corpo vivente con la vivacità e la pluralità complementare di tutti i suoi doni, è in grado di rispondere a queste molteplici attese... Ma per ottenere questo bisogna che lavoriamo insieme, che ci aiutiamo, in altre parole, che si sentiamo membri della stessa famiglia".
don Giuseppe Orticelli