2021 Anna Orlandi Pincella, "I suoi ragazzi per sempre"
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- Categoria: ricordo e testimonianza
- Pubblicato Mercoledì, 10 Febbraio 2021 16:30
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I suoi ragazzi per sempre
nel nono anniversario della morte
su "La nuova cronaca di Mantova"
“I me’ putlét” E va incontro a loro a braccia aperte.
Mons. Giovanni Volta stava uscendo dal portone della Curia di Cremona accompagnato dall’allora vescovo Lafranconi quando li vide: i suoi ragazzi erano Carla e Mauro – ormai settantenni – che l’aspettavano per salutarlo.
Erano passati decenni da quando li aveva uniti in matrimonio, ma gli erano rimasti nel cuore così com’erano allora. Cuore e braccia aperte, sempre.
Mons. Volta era così con tutti i ragazzi che aveva conosciuto e aiutato a crescere. E se gli si diceva: “Sì, i suoi ragazzi di una volta!”, rispondeva: “Lassa stà, i miei ragazzi. E basta”.
Negli anni in cui era stato vescovo a Pavia (1986 – 2003) i rapporti con i «ragazzi» di Mantova si erano diradati ma mai interrotti, e quando tornò nella sua casa a Gazoldo ripresero come se il tempo non fosse mai passato.
I suoi ex-studenti del Liceo Virgilio e gli universitari della Fuci erano ormai genitori e spesso nonni, ma ben presto nuovi «veri» ragazzi - soprattutto suzzaresi - si aggiunsero. L’amicizia con l’allora parroco mons. Egidio Faglioni lo portava spesso a Suzzara, e così si scherzava dicendo che quella era la sua seconda diocesi. È venuta da Suzzara, dall’allora «suo ragazzo» Alessio Caramaschi, la felice idea e la costruzione di un sito a lui dedicato: www.voltavescovo.it, tuttora oggetto di molte visite.
Per non dire dei ragazzi di Pavia: spesso li incontrava quando era chiamato per le Cresime o quando era invitato a partecipare in qualità di relatore ai frequenti Convegni; nella bella stagione c’era chi veniva a trovarlo, tra gli altri un gruppo di ciclisti dilettanti che arrivava puntualmente ogni anno il 25 maggio, giorno della sua ordinazione episcopale.
Come mai con i giovani aveva un rapporto così speciale?
Non era indulgente, non amava le «vie di mezzo» e le «mezze verità»; il versetto di Matteo “sia il vostro parlare sì il sì, no il no” era di fatto la sua regola di vita. Ma prima di dire «sì» o «no» ascoltava. E - virtù rara - sapeva ascoltare davvero.
Sapeva mettersi nei panni dell’altro e soppesare le sue ragioni senza sottovalutarle. Non aveva pregiudizi e non esprimeva giudizi sulle persone: approvava o disapprovava le scelte, le idee, i comportamenti, motivandone le ragioni, ma il rispetto per la persona dell’altro era comunque fuori discussione. Non dava ordini e nemmeno chiedeva obbedienza: non imponeva nulla; spiegava ciò che proponeva nel pieno rispetto dell’altrui libertà.
Per gli adolescenti e i giovani alle prese con i grandi problemi della vita (io chi sono?; perché vivo?; che cosa sono la giustizia, la verità, la libertà, l’amore?) avere un tale punto di riferimento era importante.
Ma non era solo per questo: i suoi ragazzi mons. Volta li amava davvero da padre saggio e discreto. E loro l’avevano capito. Era austero nei modi: niente smancerie, rare le lodi e inesistenti i complimenti, com’erano i padri di una volta, ma il suo sguardo buono e la sua robusta stretta di mano erano più eloquenti di tante parole.
A nove anni dalla sua dipartita nessuno dei «suoi ragazzi» si è dimenticato di lui, né a Mantova, né a Pavia. Dopo la sua morte, per un paio di mesi il settimanale diocesano “Il Ticino” - e, in misura più limitata, anche la nostra Cittadella - pubblicarono i ricordi di persone che lo avevano conosciuto: autorità e gente semplice, preti e laici che volevano esprimere il loro grazie. E il termine più ricorrente era quello di Padre.
Erano e resteranno i «suoi ragazzi» per sempre.
Anna Orlandi Pincella