2007 Pv. La comunione ecclesiale nell’esperienza di Agostino

Giovanni Volta

Vescovo

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La comunione ecclesiale nell’esperienza di Agostino

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PAVIA – S. PIETRO IN CIEL D’ORO

Sabato 25 agosto 2007 ore 18,30

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Arca di S Agostino (1362), San Pietro in Ciel d'Oro

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Letture (XXI –C): Is.66,18-21; Ebrei 12,5-7.11-13; Lc. 13,22-30

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Nelle letture che abbiamo ascoltato vorrei sottolineare due annunci fondamentali: la chiamata di tutti gli uomini alla comunione con Dio e tra di loro e la fatica che richiede il cammino verso questa meta che è insieme dono e impegno, per poi vederne l’esperienza che ne ha fatto sant’Agostino.

Nella prima lettura il profeta annuncia il progetto di Dio: “Io verrò a radunare tutti i popoli e tutte le lingue: essi verranno e vedranno la mia gloria” (Is.66,18).

Nel testo di Luca Gesù, riprendendo quell’annuncio, dichiara: “Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio” (Lc. 13,29).

Si tratta dell’annuncio di un fatto che scaturisce dall’amore di Dio, ma che richiede una risposta impegnativa dell’uomo, perché si compia, in un cammino tra luci ed ombre, tra fatiche e gioie. Non è sufficiente, afferma Gesù, che si abbia mangiato e bevuto alla sua presenza, che lo si abbia accolto nelle proprie piazze. L’essere credente, l’essere cristiano non è come il rivestire una casacca, una divisa così da poter dire: anch’io gli appartengo.

Nel misterioso incontro di salvezza di Dio con l’uomo è in gioco non solo la libera volontà di Dio, ma anche quella dell’uomo, tanto che alla domanda: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?” Gesù risponde: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”. Gratuito è il dono, ma altrettanto impegnativa la risposta che si snoda nel tempo.

Ma in questa risposta, in questo cammino tra mille difficoltà, come l’uomo è aiutato a non smarrire la strada e riaversi dai propri errori?

 

L’autore della lettera degli Ebrei ci ricorda che l’uomo ha bisogno di una guida nel suo cammino nella vita e che Dio lo corregge, perché lo ama: “Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da Lui, perché il Signore corregge colui che egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio” (Eb.12,5-6).

 

Ora, per vedere un modello concreto di questa chiamata e di questo cammino, consideriamo come Agostino guardò alla comunione degli uomini con Dio nella Chiesa e perciò all’unità di questa e come visse il suo cammino verso tale comunione.

Egli visse in un tempo segnato da tante divisioni nella Chiesa per cui si trovò a lottare per tutta la sua vita contro le molteplici eresie del suo tempo.

Suo profondo convincimento era che la “comunione” è la prima qualità del cristiano, della Chiesa, che rende autentiche tutte le altre qualità del credente.

Convinto che la nota prima della Chiesa è la “comunione” con Dio e tra gli uomini, Agostino coltivò la “comunione” nella sua casa e nella Chiesa del suo tempo.

Nella sua casa perché volle vivere sempre in comunità, nella Chiesa perché fu costantemente attento ad ogni lacerazione per poterle sanare, sempre molto esigente circa la verità della dottrina e nello stesso tempo con un cuore largo verso le persone.

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Commentando il vangelo di san Giovanni, in polemica con gli eretici che si vantano di avere molte “vergini” e i sacramenti, sant’Agostino osserva: “E’ evidente, fratelli miei, che a costoro (gli eretici come Donato) nulla giova osservare la verginità, praticare la continenza, fare elemosine: tutte queste cose che nella Chiesa vengono raccomandate, ad essi non giovano, perché fanno a pezzi l’unità, cioè la tunica della carità. Che cosa concludono? Molti in mezzo a loro sono facondi, grandi oratori, fiumi di eloquenza. Mettiamo pure che arrivino a parlare come gli angeli. Ebbene, ascoltino l’amico dello sposo, geloso per lo sposo, non per se stesso: ‘Quando pure io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho la carità sono un bronzo sonante o un cembalo squillante’..Ma che dicono? Abbiamo il battesimo. Sì, lo hai, ma non è tuo. Un conto è avere il battesimo, altro è disporne come padroni…fuori dell’unità, anche se uno fa miracoli, non è nulla” (In Io. Evang. Tr.13.16.17).

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Questa esigenza di unità, di comunione, dice ancora Agostino, riguarda anche il canto, la preghiera, per cui non ci si deve ingannare guardando solo agli aspetti esteriori, se il cuore che motiva quelle espressioni è altrove. Egli interroga idealmente gli eretici: “Tutta la terra canta il canto nuovo…I miei orecchi non sono attratti un gran che dagli accenti di chi canta; vado piuttosto ad indagare la sua condotta e le opere che compie. Lo interrogo e gli dico: Ma cos’è quel che canti? Mi risponde: L’Alleluia. E Alleluia che significa? Lodate il Signore. Vieni dunque, lodiamo insieme il Signore. Se tu lodi il Signore e io lodo il Signore, perché dovremmo essere in discordia? La carità loda il Signore, la discordia lo bestemmia” (Enarr. In Ps.149,2).

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Si tratta di una “comunione” non fondata sul gusto di ciascuno, ma sulla verità, che viene da Dio e che è un bene comune e indivisibile. Scrive Agostino, commentando il salmo 75: la verità “non è mia, né tua: non è di questo o di quello: è comune a tutti. E forse per questo sta in mezzo, affinché intorno a lei stiano tutti coloro che amano la verità. Perché si dice che sta in mezzo? Perché è ugualmente distante da tutti e ugualmente vicina a tutti. Ciò che non è in mezzo, è, per così dire, proprietà privata di qualcuno. Ciò che è pubblico, invece, si pone in mezzo, affinché tutti i presenti vedano e ne siano illuminati. Nessuno dica: E’ mio; per non rendere sua porzione privata ciò che sta in mezzo per tutti” ( Enarr. In Ps. 75, 17).

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Ma qual è la condizione per partecipare alla verità che fonda l’unità della Chiesa? Risponde Agostino: l’umiltà. Si tratta di accogliere un bene che ci viene donato, non che costruiamo noi stessi.

“Siate umili per non attribuire a voi stessi ciò che di buono avete appreso dall’oratore. Come del resto anche noi. Se qualcosa abbiamo meglio compreso, ciò é vostro, e ciò che meglio avrete compreso voi è nostro: onde essere tutti intorno a lui ed essere umili” (Ivi 75.18).

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Queste affermazioni di Agostino sull’unità della Chiesa e sul suo fondamento: la verità, che è la carità di Dio, ci introducono a riflettere sul cammino percorso dal santo dottore, per accedere alla verità, all’unità della Chiesa.

Fu costante in Agostino la passione per la verità, passione che nel libro X della Confessioni afferma essere presente in ogni uomo.

Ma molti ostacoli si oppongono al cammino verso la verità. Ostacoli che egli ha riassunto sempre nel libro X delle Confessioni nelle tre concupiscenze delle quali parla l’apostolo san Giovanni: quella degli occhi, quella della carne e la superbia della vita.

Agostino variamente si lasciò dominare nella prima parte della sua vita da queste concupiscenze. Incontrò tuttavia nella sua vita correttori del suo modo di pensare, del suo modo di vivere: da Cicerone che con l’Ortensio gli accese nel cuore l’amore alla sapienza, “che mutò il suo modo di sentire e la sue stesse preghiere” (Confessioni III,4,7), alla lettura dei Neoplatonici che lo introdussero alla concezione spirituale di Dio; a sant’Ambrogio che lo corresse nel suo modo di leggere e di intendere la sacra Scrittura; all’ammirato Vittorino che con il coraggio della sua conversione l’aiutò a superare il rispetto umano. E poi la conversazione con Simpliciano, i racconti di Ponticiano, e soprattutto la testimonianza, le parole e le preghiere di sua madre, Monica.

Scrive Agostino, rivolto a Dio: “Avresti potuto tu, Dio delle misericordie, sprezzare il cuore contrito e umiliato di una vedova casta e sobria, assidua nell’elemosina, devota e sottomessa ai tuoi santi; che non lasciava passare giornata senza recare l’offerta al tuo altare, che due volte al giorno, mattino e sera, senza fallo visitava la tua chiesa, e non per confabulare vanamente e chiacchierare come le altre vecchie, ma per udire le tue parole e farti udire le sue orazioni? Le lacrime di una tale donna, che in esse ti chiedeva non oro né argento né beni labili o volubili, ma la salvezza dell’anima di suo figlio, avresti potuto disdegnarle tu, che così l’avevi fatta con la tua grazia, rifiutandole il tuo soccorso? Certamente no, Signore”. (Confessioni V,9.17).

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Una pagina, quella che abbiamo ascoltata della sacra Scrittura, che ci indica una meta e un cammino; una testimonianza, quella di Agostino, che non solo ci illustra ancora una volta con acutezza e sapienza la Parola di Dio, ma ci offre anche un motivo sperimentato d’incoraggiamento e di speranza.